
Faragiallah disprezzava i nostri ascari, considerandoli dei vigliacchi, e pensava di poterli spazzare via rapidamente. Ma i nostri soldati respinsero agevolmente sia la carica della cavalleria derviscia sia l’assalto dei
jihadiya, i temibili fucilieri Mahdisti, armati con modernissimi fucili Remington. Fara lanciò, quindi, due compagnie di ascari ad attaccare il fianco dei sudanesi, che vennero respinti con gravi perdite. Prima di fuggire i Mahdisti si permisero l’ultima vigliaccata passando a fil di spada alcuni dei poveri prigionieri abissini.
Il cosiddetto primo scontro di Agordat, in sé e per sé, fu una scaramuccia di poco conto, ma fu anche il primo flebile segnale che l’invincibile esercito della
Jihad stava iniziando a sgretolarsi. I dervisci non erano certo gente da lasciar passare affronti di questo genere e tre anni dopo si rimisero in marcia per vendicare l’onta subita.
Fu il nuovo emiro del Ghedaref, il giovane Ahmed Alì, che nel dicembre 1893 si incaricò di punire gli italiani. Complici anche le lotte per la successione all’ormai anziano
Khalifa, che rendevano necessarie le vittorie militari per mettersi in luce, Ahmed organizzò una spedizione in grande stile. A Kassala si riunirono oltre diecimila ansar provenienti da tutto il Sudan e, stendardi al vento, si misero subito in marcia verso l’Eritrea. In assenza del Generale Baratieri, Governatore militare della colonia allora in licenza in Italia, il comando spettava al suo vice, il povero Colonnello Arimondi, che per contrastare l’attacco disponeva di appena 2100 ascari, 42 ufficiali italiani ed altri 33 italiani del reparto Cacciatori d’Africa.
Arimondi non poté fare altro che concentrare le sue scarse forze ad Agordat, punto di passaggio obbligato per i Mahdisti, dove avrebbe potuto sfruttare la protezione delle artiglierie del locale forte.
I dervisci non si fecero attendere e il 21 dicembre giunsero nella piana di Agordat: osservando la scena dagli spalti del forte, la sottile linea dei nostri ascari appariva ancora più esigua di fronte alla massa compatta ed urlante dei feroci ansar! Arimondi decise di precedere il nemico, mandando all’assalto i battaglioni dei Capitani Galliano e Fadda con il sostegno dell’artiglieria del forte, ma ben presto i Mahdisti si lanciarono al contrattacco al grido di
Allah Akbar!
Di fronte a quelle furie i nostri ascari furono costretti a ripiegare dietro il torrente Damtai. Nel caos dello scontro la 1° batteria di artiglieria comandata dal Capitano Ciccodicola venne travolta mentre il Capitano Forno, comandante il 3° Battaglione ascari, fu ucciso mentre si trovava alla testa dei suoi uomini. La situazione si stava facendo estremamente critica per i nostri!
Il Colonnello Arimondi era sicuramente un coraggioso e lo dimostrò morendo eroicamente tre anni dopo ad Adua, ma non era certo un fine stratega e anche questo, purtroppo, lo dimostrò ad Adua. Di fronte alla ritirata dei suoi uomini e alla terrificante e furibonda carica degli ansar, l’ufficiale piemontese iniziò a vacillare non sapendo che pesci prendere.
Immagine nella pagina: Ascari a cavallo