L'erede

Terza parte

di Giuseppe Bergivaldi ed Emilio Salgari

Gli assalitori, anche se non erano avvezzi allo scontro ravvicinato, erano comunque più del doppio rispetto ai malesi superstiti. Non potendo ricaricare agevolmente gli archibugi, furono costretti a difendersi all’arma bianca. Le sorti dello scontro sembravano incerte, la voce della Tigre della Malesia incitava i suoi prodi, che non esitavano a resistere fino all’ultimo uomo. Quando le sorti parevano propendere per gli assalitori, accadde un fatto inaspettato. La principessa Than-Kiù, di cui nessuno si era più occupato, raccolta da terra la sciabola di un Tigrotto ucciso, si difendeva con inaspettato vigore, mostrando un’inattesa perizia. Attaccava i nemici con fendenti efficaci e precisi, i suoi affondi facevano rotolare teste, squarciavano petti e mutilavano. Il suo intervento fu decisivo, ben presto ebbero ragione degli assalitori e, quando anche l’ultimo cadde riverso con la gola squarciata, Sandokan e gli ultimi tre o quattro compagni superstiti si trovarono a fissare la principessa allibiti mentre lei impugnava ancora la scimitarra in atteggiamento di difesa.
Tigre (Miniatura 446x674 px)L’arcano fu prontamente chiarito. Superando in qualche modo i problemi di incomunicabilità dovuti alla diversità dei loro idiomi, si venne a sapere che Than-Kiù aveva trascorso dieci anni presso il Monastero imperiale femminile Yongtai, sito nei pressi del Monastero Shaolin Si, il Monastero della Giovane Foresta, i più famosi centri per lo studio delle arti marziali. Completati gli studi e l’addestramento, stava tornando in patria per affiancare il vecchio padre nella gestione del regno quando inaspettatamente era stata rapita.

Intanto i Tigrotti rimasti avevano perlustrato i dintorni ed avevano trovato il corpo della guida che, durante la concitazione della sparatoria, doveva aver guadagnato la riva riunendosi ai suoi compagni. Avevano anche catturato un nemico ferito che si apprestavano ad interrogare con i loro ben noti metodi di persuasione. Si seppe così che il vecchio Mandarino, padre di Than-Kiù, era stato destituito ed ucciso con tutta la sua famiglia da una congiura di palazzo ordita con l’aiuto di un misterioso consigliere bianco, e la principessa, di cui si attendeva il ritorno imminente, era stata assalita dai sicari del nuovo reggente. Come era finita sulla giunca dove era stata trovata, rimaneva un mistero. Quel giorno, avvertiti dall’oste della taverna, un gruppo di fedeli al nuovo Mandarino aveva cercato di fermare l’inattesa principessa per impedirle di arrivare in città dove qualcuno, ancora legato alla sua famiglia, avrebbe potuto riconoscerla. Than-Kiù, imparata la fine che aveva subito suo padre, rimase atterrita. Due lagrime, due perle, caddero dai suoi occhi.
- Tu piangi! - esclamò Sandokan che rivedeva in lei il dramma della sua famiglia. - Amor mio non piangere, hai trovato una nuova patria, Mompracem sarà la tua terra finché vorrai.
Così dicendo si apprestarono a fare ritorno sulla costa con mille cautele, seguendo il corso del fiume. Intanto calava la sera. La foresta era indorata dagli ultimi raggi del sole. Il fiume perdeva a poco a poco i suoi riflessi di fuoco, per assumere delle tinte brunastre interrotte da striature color acciaio, ma che avevano ancora dei fugaci bagliori d’oro.
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Maggio 2013 (Numero 22)

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