L’EREDE È ancora notte.
Una notte limpida e chiara, illuminata da una splendida luna piena, la quale scintilla sopra il mare che ha tremolìi argentei e l’aria è dolce, molle, quasi tiepida. Le scogliere di Mompracem si distinguono ormai chiaramente, i tigrotti superstiti sono tutti sul ponte ansiosi di approdare nella loro patria. Nell’interno dell’isola regna un profondo silenzio.
Solamente dalla parte del mare si odono le onde rumoreggiare cupamente e si vedono sbalzare sopra le scogliere, coprendole di spuma talvolta fosforescente. Sulla cima di un’altissima rupe, tagliata a picco sul mare, brillano due punti luminosi, due finestre vivamente illuminate che indicano la presenza di vita.
Una vasta e solida capanna s’innalza, adorna sulla cima di una grande bandiera rossa, con nel mezzo una testa di tigre.
Sandokan a sua volta contempla la sua selvaggia isola, il baluardo della sua potenza, della sua grandezza in quel mare che non a torto chiamava suo.
In piedi sulla murata della nave, contro la vivida luce della luna si vede la sagoma di una donna, con in cintura l’inseparabile
catane, osservare con interesse la sua nuova patria.
Sandokan, che la osservava dal castello di poppa, sapeva che in quello sguardo c’era tutto l’odio per gli usurpatori della sua terra e per gli assassini della sua famiglia. In quella donna c’era tutta la forza, il coraggio, l’abilità nel maneggiare le armi e l’audacia che servono per comandare una ciurma di pirati come una vera Tigre della Malesia.
Lei, sarebbe stata la sua erede.
FINE