Il 23 aprile 1891, con un decreto della Giunta, venne quindi concessa la tanto ambita
sala ottagonale a fianco della prima sede e subito si cominciò qui l’opera di archiviazione di libri, quadri, opuscoli e documenti. Fiorini e Belluzzi, che si erano impegnati ad aprire il Museo entro il 1891, ebbero il compito di inventariare, classificare ed ordinare tutti i documenti e gli oggetti, oltreché quello di sollecitare donazioni e depositi. Questa attività, condotta meticolosamente dai due studiosi, come dimostrano le numerose lettere inviate a privati cittadini, associazioni e comuni della provincia, ebbe esiti sia positivi che negativi.

Tra quelli positivi si segnalano le richieste fatte agli eredi del conte Livio Zambeccari e al Comune di Crevalcore, entrambe nel 1892, e la disponibilità offerta dalla Società operaia e da altre associazioni democratiche; tra quelli negativi il rifiuto opposto dalla Fraternità di Mutuo Soccorso
G. N. Pepoli (fondata dal marchese Gioacchino Napoleone Pepoli come Società artigiana nel 1862, in seguito alla scissione, avvenuta per ragioni politiche, con la Società Operaia bolognese), di ispirazione monarchico- conservatrice e timorosa riguardo al fatto che il nuovo istituto volesse dare del Risorgimento una lettura di tipo liberale o addirittura democratico. Questa convinzione poteva derivare dalle date con valenze anticonservatrici inizialmente scelte per l’inaugurazione museale, cioè l’8 agosto, data simbolica della cacciata delle truppe austriache da Bologna, ed il 20 settembre, giorno della caduta del potere temporale del Papa.
In realtà i continui rinvii dell’apertura erano da ascriversi unicamente alla ristrettezza dei tempi rispetto alla quantità di materiale da ordinare. Alla fine la data ufficiale dell’inaugurazione del Museo risorgimentale fu quella del 12 giugno 1893, che ricordava il giorno dell’abbandono della città da parte dell’ultimo presidio tedesco di guarnigione.
L’evento, come annotò
il Resto del Carlino, non vide
pompose cerimonie ufficiali con relativi discorsi a base di retorica ma fu seguito da un numero elevato di cittadini. La sala era stata allestita con grande cura: in alto erano stati dipinti gli stemmi di tutti i capoluoghi di circondario delle province emiliane mentre, nella tribuna in continuazione della sala, erano presenti gli stemmi dei governi della Repubblica Cisalpina, Cispadana, delle Province Unite del ‘31, della Repubblica Romana del ‘49 e del Regno d’Italia. Sotto agli stemmi facevano bella mostra i busti di illustri protagonisti del Risorgimento come Cavour, Garibaldi, Mazzini, d’Azeglio, Ugo Bassi, Minghetti, Pietramellara ed altri ancora, mentre di fronte all’ingresso spiccava il busto del Re Vittorio Emanuele II. Nelle vetrine si trovavano
armature e divise militari, ritratti, autografi preziosi, documenti ufficiali, manoscritti, bigliettini ad arte minuscoli, bandiere, medaglie e tutto ciò che era utile a ricostruire in modo esatto la storia della nazione italiana fino al tempo presente. A coronamento della giornata vi fu la lettura da parte di Carducci di brani tratti dalle lettere e dai proclami mazziniani, dagli stornelli di Dall’Ongaro e da altri componimenti patriottici.
Il vero successo dell’iniziativa andava indubbiamente tributato a Raffaele Belluzzi, che continuò a dirigere e ad ampliare il Museo fino alla morte, avvenuta dieci anni dopo, nel dicembre del 1903.
Immagine nella pagina: Casa Carducci, sede attuale del Museo