Ai concives bolognesi

di Ronaldo Dondarini

Concives2Pur senza poter confermare questa ipotesi, certamente quando nove mesi più tardi Enrico V si presentò di nuovo al di qua delle Alpi, la comunità cittadina, nel timore di subirne la punizione, decise di inviargli una delegazione per chiederne il perdono. La delegazione condotta dai giuristi Alberto Grasso e Ugo di Ansaldo e composta da Azzo, figlio di Azzo, Witerno, figlio di Carbone, e Rolando, suo nipote, Bono de Tegerio e Dondidio, suo figlio, Guido di Beatrice, Pietro di Leone e Pietro chierico di Seraglio, raggiunse la corte imperiale a Governolo nel Mantovano. Alla richiesta del perdono ne furono aggiunte molte altre. La loro totalità non ci è nota e quindi nemmeno l’eventuale parte di prerogative non riconosciute, ma l’evidente accondiscendenza che l’imperatore dimostrò emanando il suo diploma fu probabilmente motivata dalla volontà di garantirsi la fedeltà dei Bolognesi in un momento non facile della sua vicenda politica. Egli concesse la protezione imperiale su tutti i beni mobili e immobili da loro posseduti; con conseguente tutela dei loro patrimoni e dei loro commerci; l’esonero dalle imposte indirette; la libertà di transito senza oneri di pedaggi sulle vie pubbliche fluviali e terrestri, in particolare per la navigazione sul Po; riconobbe tutte le antiche consuetudini, compresi i possessi di alcuni beni comuni posti al limite delle paludi della pianura a nord est della città; attribuì la facoltà di vietare interventi sull’alveo del Reno che potessero comprometterne la navigabilità; ammise che potessero vietare ai mercanti toscani di portarsi a nord della via Emilia, tranne che per le fiere della Domenica delle Palme e di S. Martino; fissò un tetto di 100 lire veronesi per l’imposta che si doveva all’imperatore in occasione delle sue permanenze in città; confermò il divieto per i conti di riscuotere qualsivoglia imposta feudale dai coloni delle loro terre; riconobbe l’esonero da ogni procedimento giudiziario per i Bolognesi che militavano nell’esercito imperiale, se non per reati commessi durante la ferma. Chiunque avesse infranto quegli accordi avrebbe dovuto pagare una somma di 100 libre d’oro purissimo, spettante per metà al sovrano per metà ai concives bolognesi. A conclusione del diploma l’imperatore concedeva ai Bolognesi il perdono per l’offesa arrecatagli con l’assalto al palazzo dei suoi funzionari. Il diploma, sottoscritto da Warnerius iudex (Irnerio), ebbe come testimoni di parte imperiale i componenti del seguito del sovrano, costituito da grandi feudatari, vassalli matildici, giudici e anche Uberto, conte di Bologna.

Il Comune di Bologna ha inteso ricordare il suo Nono centenario con molteplici eventi che hanno avuto inizio nel 2015 con una serie di conferenze su Matilde di Canossa. Dal febbraio 2016 si sono avviati incontri e spettacoli che stanno coinvolgendo studiosi di chiara fama di diversi atenei italiani e stranieri, nonché insegnanti e studenti delle scuole di ogni ordine e grado, associazioni culturali, archivi, musei e biblioteche della città e dell’intera area metropolitana.

Nel celebrare i nove secoli intercorsi non ci si intende limitare ad una rievocazione retrospettiva di quel diploma, ma ripercorrere l’itinerario compiuto dalle tante generazioni che ci hanno preceduto per perseguire una rinnovata consapevolezza dell’identità comune, proiettarsi al futuro concretizzando le aspettative del presente e rendere nota e accessibile la storia della comunità anche attraverso la conoscenza del suo grande patrimonio culturale e storico artistico.


Immagine nella pagina:
Parmigianino (XVI secolo), Ritratto di Matilde di Canossa, Museo Diocesano di Mantova
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Maggio 2016 (Numero 26)

Elab grafica sul documento: Comune, Governo, Registro Grosso, I vol, c.11r - Diploma di Enrico V del 15 mag 1116. Autoriz. n.1161 del 18 apr 2016 prot. n. 2425 cl 28.11.00.02/2 su aut. Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

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