Nel corso del Quattrocento la corte, complice la cultura umanistica, elabora una nuova forma del vivere e un gusto raffinato in tutte le arti. Accanto allo studio della retorica e della grammatica latina, l’aristocrazia pratica la musica e la danza. I nobili non sono più solo uomini d’armi, imparano la civiltà e le buone maniere, per divenire uomini di potere e colti mecenati. All’interno dei vari momenti espressivi della festa rinascimentale e della vita di palazzo, la danza, al pari di altre componenti, costituisce uno dei modi di espressione della cultura di corte, grazie alle funzioni di intrattenimento sociale e di forma spettacolare. L’affermarsi della figura di un maestro, nel contempo teorico e pratico del ballo, e l’introduzione del trattato di danza fanno sì che il ballare, investito dei canoni umanistici, assurga al rango di vera e propria arte, diventando così una componente indispensabile della formazione dei prìncipi e degli aristocratici e un requisito fondamentale del cortigiano.
Ambrogio Lorenzetti, Allegoria degli Effetti del Buon Governo in Città (1338-1339), parete di destra della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena (particolare)