Durante questi tre anni, la vita di Amalia precipita. Lei, il marito Luigi e la figlia Adele fanno, presso l’ospedale Sant’Orsola, i trattamenti del caso a base di sali mercuriali, unica cura all’epoca. Nonostante ciò, la piccola Adele muore. Amalia ha altre due gravidanze: un figlio che muore di sifilide dopo due mesi dalla nascita, nel 1891, e un altro, l’anno seguente, che nasce morto. Tuttavia, nonostante l’insoddisfacente esito del processo, il caso Bagnacavalli dà coraggio a molte balie contagiate e piovono denunce sul tavolo del conte Isolani a firma di sindaci di montagna, medici condotti, avvocati. Così, attraverso le carte custodite presso gli archivi di Bologna, emergono numerosi casi, come, ad esempio, l’epidemia di sifilide di Castiglione de’ Pepoli. Tutti questi casi sono risolti da Isolani offrendo 300 lire alle malcapitate oltre al pagamento delle cure.
I processi, fra appello a Bologna, Cassazione a Roma e nuovo processo ad Ancona, durano altri sette anni. Alla fine, comunque, Amalia vince. Riesce ad ottenere un indennizzo di 23.000 lire (poco più di 100.000€) e un vitalizio mensile di 30 lire (133€). L’indennizzo va a coprire interamente la parcella e le spese sostenute dall’avvocato il quale, con uno stratagemma, riesce a trasformare il vitalizio in contanti accordandosi con la controparte per una somma di 7.000 lire (31.000€) e incamera anche quello. Oltre al pagamento delle cure ricevute, Amalia non ottiene dunque nemmeno un soldo. Insieme con il marito e le due figlie nate nel 1900 e nel 1905 e in buona salute, vive per un certo tempo a Vergato. Poi, nel 1916, la famiglia si trasferisce a Pracchia in provincia di Pistoia presso due fratelli di lei, dove Luigi ottiene un posto di custode nella stazione ferroviaria locale. Fortuna vuole che lei e il marito siano sfuggiti alla degenerazione del sistema nervoso che colpisce molti sifilitici. Nel 1936, Luigi muore e, alcuni mesi dopo, anche Amalia.
Analfabeta e povera, forse nemmeno del tutto consapevole della portata della sua denuncia, Amalia appare come un’eroina nel panorama sociale ottocentesco. Durante i lunghi anni dei processi, la sua vicenda suscita un grande clamore negli ambienti giudiziari e nell’opinione pubblica che già da tempo reputa gli ospizi degli Esposti luoghi in cui i bambini vengono a morire a spese pubbliche. Ed è anche all’origine di tanti cambiamenti nella nostra società, nell’accudimento dei neonati illegittimi, nella maggiore attenzione alla salute delle balie, nella lenta accettazione delle ragazze madri.
Questa vicenda portata alla luce dalle scoperte casuali dello storico David L. Kertzer negli archivi bolognesi, ma ben presente negli studi di natura giuridica, funge da humus alla stesura dell’articolo 32 della Costituzione che recita: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Immagine nella pagina:
Fotografia del baliatico di Firenze, 1900.
Era usanza diffusa munire i neonati di un cartellino con il solo nome, la data di nascita o almeno il mese, accompagnato da un piccolo oggetto, spesso tagliato a metà, allo scopo, da parte della madre che ne esibiva l’altra metà, di eventuale riprova delle sue affermazioni di maternità.