
Il nostro Risorgimento fu guerra di eserciti, di condottieri e di politici, ma fu anche guerra di popolo.
I moti risorgimentali infatti videro protagonista la gente comune, con movimenti di masse che si sollevarono spontaneamente contro stranieri ed oppressori.
Il popolo italiano si mosse con grandi rivolte, come le Cinque Giornate di Milano, ma anche costituendo corpi militari di volontari che si batterono, con più o meno successo, nelle nostre Guerre d’Indipendenza.
Grandi unità ben organizzate ed addestrate o piccoli manipoli di avventurieri disposti a tutto, abiti civili od uniformi militari, perlopiù ispirate a quelle dell’Esercito Sabaudo, e poi un florilegio di nomi fantasiosi e bellicosi: Legioni e Crociate, Guardie e Colonne, nomi di solito seguiti dal luogo di provenienza dei volontari o dal cognome del loro comandante.
A farla da protagonisti, per numero, determinazione ed organizzazione, furono i volontari lombardi, veneti e piemontesi, ma anche l’Emilia-Romagna, e quindi la nostra Bologna, non fece mancare il suo contributo a questa lotta di popolo.
La guerra dei volontari per eccellenza fu, manco a dirlo, la Prima Guerra d’Indipendenza del 1848-49, gli anni della
Primavera dei Popoli. Nel corso di quel biennio centinaia di volontari partirono dalla città felsinea per battersi un po’ su tutti i fronti di guerra, ma principalmente in Veneto e a difesa di Roma. Il reparto forse più noto ed organizzato fu quello dei Bersaglieri del Reno, detto anche Battaglione Pietramellara, dal nome del suo comandante. Forte di ben 600 uomini, organizzati su 8 Compagnie, il Battaglione fu costituito nel 1848 dal Marchese Pietro Pietramellara. Erede di una delle più importanti famiglie nobiliari bolognesi, il quarantaquattrenne Pietro era uno degli elementi di punta dei movimenti patriottici felsinei. Membro della Giovine Italia, nel 1833 aveva partecipato ai moti di Genova.
Immagine nella pagina: Soldatini rappresentanti i Lancieri di Masina