Eran giovani e forti...

...ovvero: volontari bolognesi nel Risorgimento

di Andrea Olmo


E arriviamo infine alla Terza Guerra d’Indipendenza: la campagna del ‘66 vide una massiccia partecipazione di volontari da tutto il Paese, quasi paragonabile per numeri ed entusiasmo a quella del 1848.
I 43.543 arruolati furono inquadrati nel Corpo Volontari Italiani, organizzato dal neonato Regio Esercito e posto al comando, ancora una volta, di Garibaldi.
Bologna fornì ben 1.500 uomini. Uno dei primi a partire fu il non più giovane Quirico Filopanti, allora presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso della città felsinea. Ritroviamo anche il già ricordato Cesare Martinelli, che fu ferito e preso prigioniero dagli Austriaci a Bezzecca, e Paolo Bovi Campeggi, accompagnato dal figlio Giovanni, il quale combatté inquadrato nel reparto d’élite dei Carabinieri Genovesi. Merita, inoltre, di essere menzionato Carlo Zanoia, bolognese ma all’epoca residente a Torino per lavoro. Lo Zanoia, arruolato nella 1a Compagnia del 2° Reggimento Volontari Italiani, si batté valorosamente nelle operazioni in Val Vestino e nella battaglia di Pieve di Ledro dove fu gravemente ferito, perdendo una gamba e venendo decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Proprio Carlo Zanoia lasciò un diario della sua partecipazione alla guerra del ‘66, a tutt’oggi considerato uno dei documenti più importanti relativi alla campagna garibaldina in Trentino.

Con il 1866 termina, di fatto, l’epopea dei volontari risorgimentali bolognesi. La grande maggioranza di essi sparì nel nulla con la fine delle Guerre d’Indipendenza, dimenticati dalla Storia e dal Destino dopo aver vissuto il loro quarto d’ora di notorietà. Alcuni furono invece ancora protagonisti nei primi anni dell’Unità, con brillanti carriere accademiche come Quirico Filopanti, o politiche come Gioacchino Napoleone Pepoli, prima Deputato, poi Sindaco di Bologna, e infine Senatore del Regno. Qualcuno, come Carlo Zanoia, si trovò coinvolto in furibonde liti giudiziarie, per vedersi riconoscere le dovute pensioni per le imprese belliche compiute. Qualcun altro proseguì a battersi, non riuscendo evidentemente a resistere al richiamo dell’azione e degli ideali e continuando a voler perpetuare i tempi eroici anche quando questi erano, oramai, irrimediabil- mente al tramonto: in particolare Cesare Martinelli che, dopo essere stato volontario nel ‘48, nel ‘59, nel ‘60 e nel ‘66, seguì ancora una volta Garibaldi nella sua folle spedizione romana del 1867. E proprio il 6 novembre di quell’anno il Martinelli morì per le conseguenze di una grave ferita subita nella battaglia di Monterotondo.

Post scriptum: nel 1897, molti anni dopo la fine del Risorgimento, Ricciotti Garibaldi, figlio dell’Eroe dei Due Mondi, guidò una brigata di volontari in soccorso della Grecia, allora in guerra con gli Ottomani. I garibaldini parteciparono alla sfortunata battaglia di Domokos, che segnò la definitiva sconfitta dei Greci. Tra i caduti di quello scontro ritroviamo il diciassettenne Massimiliano Trombelli, di Sant’Agata Bolognese…


Immagine nella pagina:
Pietro Inviti in tenuta Battaglione Alto Reno, Museo civico del Risorgimento di Bologna (particolare)
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Maggio 2019 (Numero 29)

Anonimo, Li 8 agosto 1848. La cacciata dei tedeschi da Porta Galliera dal Popolo Bolognese, 1848, Museo civico del Risorgimento di Bologna

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