Persuaso e confidente, il popolo aspettò con pazienza la nuova consegna. Di fatti al suono delle ore 3 antimeridiane difilava dalla porta del palazzo del Podestà l’anzidetta guardia municipale, unita ai Pompieri, e schierandosi di prospetto alla barriera, a tamburo battente, riceveva dai Gendarmi la consegna della Piazza fra gli applausi e gli evviva del molto popolo accorso. Silenziose, anzi mute, avevano già lasciata Bologna le truppe Imperiali, comprese com’erano da un certo timore, dirigendosi per la via Emilia alla volta di Modena. Nella fretta della partenza, e per essere più solleciti alla corsa, abbandonarono per via alcune suppellettili, delle pagnotte, ed alcuni oggetti di vestiario.
A Bologna, finalmente libera, esplode un entusiasmo incontenibile!
Ma prima di descrivere i festeggiamenti dei Bolognesi per la sospirata libertà, è bene spendere due parole sul clima maturato in città e sulle attività sommerse che predisposero tale evento. Bologna, sotto il governo pontificio e la dominazione austriaca, non si era assopita, ma aveva visto crescere forze propulsive e di rinnovamento pronte a manifestarsi al momento opportuno. Nel 1858 si era costituito, grazie a uomini come Luigi Tanari, Camillo Casarini e Pietro Inviti, il Comitato segreto bolognese della Società Nazionale.
In meno di un anno il Comitato aveva già raccolto alcune migliaia di militanti, dai liberali progressisti ai democratici. La cittadinanza era divenuta consapevole di un vasto movimento che si opponeva ad un regime ormai inefficiente e screditato. Si tenevano riunioni politiche clandestine in varie case e palazzi nobiliari, primo tra tutti il palazzo del marchese Gioacchino Napoleone Pepoli, cugino di Napoleone III, o presso i caffè cittadini, specialmente il
Caffè della Fenice, in piazza Santo Stefano, riconosciuto raduno dei liberali. In questo caffè un pesante tendone celava una stanza opportunamente
ovattata per non fare trapelare alcun rumore e provvista persino di un’uscita di sicurezza. Una porta nascosta dietro ad una carta geografica dell’Italia, e che dava sul cortile dell’attuale civico 2 di via de’ Pepoli, consentiva infatti ai patrioti di svignarsela in caso di irruzione della polizia austriaca o pontificia.
Al Caffè della Fenice, la notte del 12 giugno 1859, Gioacchino Napoleone Pepoli giunse con la notizia che le milizie austriache erano partite da Bologna.
Sulla tavola quella notte un ragguardevole numero di piatti e di bicchieri dimostrò come la veglia fosse stata prolungata e come nell’attesa i convenuti avessero divorato, secondo uno spassoso cronista, un mezzo prosciutto (G. C. Rossi).
Immagine nella pagina:
Piazza Maggiore, 12 giugno 1859, stampa dell’epoca, Museo civico del Risorgimento di Bologna