Da una balconata del Campidoglio, raggiunta in corteo dopo una solenne cerimonia religiosa tenuta nella Chiesa dell’Ara Coeli, vennero letti al popolo i nomi dei 179 eletti (per i posti vacanti si indissero elezioni suppletive fissate per il 18 febbraio): 65 erano emiliani e romagnoli; 50 marchigiani, 32 laziali, 25 umbri e 7 non pontifici. Tra questi ultimi Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, il poeta goriziano Francesco Dall’Ongaro, Enrico Cernuschi, eroe e stratega delle Cinque giornate di Milano.
Le cronache riportano che il popolo romano partecipò giubilante, attirato forse anche dalle consuete feste: illuminazione notturna dei palazzi e delle vie, spari di cannone, musica ecc.
Nel breve volgere di tre giorni, all’1 di notte del 9 febbraio, venne emesso il Decreto Fondamentale della Repubblica, replicato poi in manifesti diffusi per tutto il territorio della Repubblica.
Era costituito da 4 principi, scaturiti da una mediazione tra le istanze più estreme e quelle più moderate. In sintesi, si decretava la decadenza del potere temporale pontificio, il principio che la sovranità apparteneva al popolo, la forma repubblicana di governo e l’appartenenza del popolo romano ad una nazionalità comune col resto d’Italia. I lavori procedettero intensi e il 3 luglio la Costituzione, pur nella drammaticità del momento (i francesi stavano entrando in città, che aveva rinunciato alla difesa per evitare un bagno di sangue tra la popolazione. Si badi bene: non era una resa ma una rinuncia. Apparentemente la stessa cosa, ma dal punto di vista morale no), venne promulgata in Campidoglio.
Perché rendere ufficiale una Costituzione che sarebbe vissuta solo poche ore? Per darle una valenza fattiva, non tenerla nel novero delle esercitazioni accademiche, ma inserirla nel patrimonio democratico utile a tutti i popoli.
La Costituzione era formata da 8 Principi fondamentali e 69 Articoli. Testo sintetico, frutto dell’emergenza del momento ma anche, come già avvenuto per il Decreto del 9 febbraio, risultato dei lavori di una Assemblea costituita da anime diversissime (socialisti o proto-socialisti, repubblicani, cattolici, monarchici), intensamente tese a produrre il migliore risultato possibile per il bene collettivo dell’intera nazione italiana.
Immagine nella pagina:
Volontari garibaldini a Roma nel 1849.