Scrive Aurelio Saffi nel 1876, ricordando gli anni romani:
Mazzini amava, sapendosi solo e non ascoltato - talora fra il giorno, più spesso a tarda notte - cantare sottovoce accompagnandosi con la chitarra; aveva tal voce che, modulata dal canto, scendeva al cuore. Mi rammento l'impressione che faceva l'udirlo cantare in tal guisa a Roma, in qualche momento di ristoro dagli affari nella sua camera privata al Palazzo della Consulta... Era attentissimo a tutto ciò che usciva nel mondo musicale.

Con ogni probabilità, quando pensiamo alla figura storica di Giuseppe Mazzini, alla sua attività e alla sua importanza nel Risorgimento italiano, l’ultima parola che ci viene in mente è
musica…
Eppure, il rapporto del Genovese con l’arte dei suoni, come leggiamo nella testimonianza con la quale abbiamo iniziato questo nostro racconto, non è né occasionale, né collaterale, né casuale.
Ben sappiamo che nell’epoca di cui parliamo la pratica e la conoscenza musicale fanno parte, in tutta Europa, della formazione di base di ogni appartenente alle classi nobiliari e borghesi. E anche la famiglia Mazzini non fa eccezione: la madre di Giuseppe, Maria Drago, è sonatrice dilettante di chitarra e anche il figlio si applica così a questo strumento, di cui rimangono a noi due esemplari a lui appartenuti, conservati uno nella Domus mazziniana di Pisa e l’altro all’Istituto Mazziniano di Genova. Questa pratica costituisce per lui un passatempo non senza importanza e sono molte le testimonianze epistolari nelle quali egli dichiara questa sua passione e l’applicazione con la quale ogni giorno studia, si esercita e suona, spesso con amici.
Anche dall’esilio chiede alla madre di inviargli
qualche cosa di concertato, qualche duetto per flauto e chitarra d’autori buoni, eccettuato Carulli che scrive troppo facile; poi qualche cosa per violino, flauto e chitarra, per esempio certe sinfonie della Gazza ladra, del Barbiere, della Pietra di paragone, ridotte da Carulli, ed anche qualche quartetto di Paganini.
Immagine nella pagina: G. Mantegazza, Mazzini esule a Londra pensa ad una scuola per i bimbi degli immigrati italiani, 1841. Tratta da J. W. Mario, Della vita di Giuseppe Mazzini, ed. Sonzogno, 1886. Colorata artificialmente.