
V
olete ridere? Vo’ mandare fra due giorni la ricetta di un piatto, che avete a fare, e che non ho mangiato ancora che in Isvizzera, scrive Mazzini nel post-scriptum a una lettera alla madre del 21 dicembre 1835, quasi che parlare di cucina sia argomento così inconsueto da suscitare il riso. Effettivamente il tema è trattato marginalmente nelle lettere di Mazzini alla madre, e solo sporadicamente appare in brevissime frasi fra temi molto più rilevanti. Spesso il cibo, e più generalmente il mangiare, sono citati più per rassicurare la madre sulle sue condizioni di vita che per informarla sulle abitudini alimentari delle regioni d’Europa in cui si rifugia.
Molto più evidente emerge la sua condizione psicologica, a cui spesso fa riferimento, soprattutto nei primi tempi. Il suo umore sale e scende con facilità, ha momenti di depressione (che chiama
spleen) a volte davvero profonda:
ho uno spleen
tremendo;
sovente, anche senza potermene render ragione, sono assalito da cotesto spleen
ch’io pur vado celando agli altri e quasi a me stesso.
È una condizione abbastanza ovvia in chi vive in esilio, senza prospettive di ritorno. Mazzini stesso ne è perfettamente consapevole:
per lo spleen
non vi date pensiero; viene, va, ed è cosa a dir vero un po’ naturale a chi è lontano da casa sua. L’esilio svizzero di Mazzini è nel complesso noioso, quando non deprimente, come abbiamo visto. È rallegrato a tratti dalla presenza di un gatto o dai suoi tentativi, sempre falliti, di coltivare un garofano e poi una dalia. Tuttavia le abitudini di vita si mantengono nella normalità:
Pranzo a mezzogiorno e ceno alle sette […].
Alle otto di mattina prendo una tazza di caffè, che m’è necessaria.
Grande bevitore di caffè, lo prepara lui stesso in camera:
e tutte le mattine con la mia macchinetta lo fo, specificando poche righe sotto che
non potrei starne senza in qualunque luogo io mi andassi. Poiché
il caffè in Isvizzera ha sempre la cicoria, una tal’erba, che rovina il sapore primigenio, se ne procura uno migliore, più simile nel gusto a quello a cui è abituato. Si affretta tuttavia, nella stessa lettera, a tranquillizzare la madre:
non però ne abuso come una volta. La macchinetta di cui parla è probabilmente una caffettiera Morize, brevettata dal francese Jean-Louis Morize nel 1819, antesignana della cosiddetta ‘napoletana’ che, per la sua semplicità ed economicità, ha permesso la diffusione del caffè in tutte le case.
Immagine nella pagina: G. Mantegazza, Il giovane Mazzini offre denaro per la causa degli esuli, 1821. Tratta da J. W. Mario, Della vita di Giuseppe Mazzini, ed. Sonzogno 1886. Colorata artificialmente.