Mazzini e il dissidio con Fabrizi negli anni della tempesta e del dubbio

di Luciana Lucchi

Nonostante gli arresti del giugno del 1833 abbiano decimato i cospiratori, Mazzini, indomito, continua nell’ordire una seconda spedizione in Savoia prevista per il 3 febbraio 1834, data del terzo triste anniversario della congiura di Ciro Menotti (1798-1831) e presaga del medesimo infausto esito. La missione fallisce miseramente nonostante l’impegno profuso da Mazzini e dai suoi compagni. Sebbene varie siano le ragioni dell’insuccesso, gli affiliati alla Giovine Italia le imputano a Mazzini; scema così la stima e la fiducia in lui. Mazzini riflette profondamente sugli accadimenti per comprenderne gli errori pagati col sangue e le sofferenze di tanti suoi amici, delle quali si sente personalmente responsabile.

Eppure, nonostante la situazione, il 15 aprile 1834, a soli due mesi dalla disfatta in Savoia, a Berna fonda la Giovine Europa: un piccolo gruppo di esuli italiani, tedeschi e polacchi sottoscrive l’atto di fratellanza redatto da Mazzini. La presenza di un’altra associazione non placa le critiche al suo operato, iniziano gli anni della tempesta e del dubbio: Egli era solo, abbandonato da tutti; quasi da tutti vilipeso e deriso. Numerosi affiliati lasciano la Giovine Italia e Mazzini, per fermare tale emorragia, a metà del 1835 ne lascia la direzione, ma le difficoltà non cessano. Nel 1836 le autorità elvetiche impongono lo scioglimento della Giovine Europa e ingiungono a Mazzini di lasciare la Svizzera. Nel gennaio del 1837 Mazzini parte per l’Inghilterra, nazione che diventa la sua seconda patria, trascorrendovi quasi tutta la vita.
Il primo incontro di Garibaldi e Mazzini (Miniatura 219x266 px)
Mentre Mazzini è ripiegato sulle sue personali riflessioni, alcuni dei compagni, coi quali condivide l’esperienza e le difficoltà dell’esilio, si recano a combattere altrove. Giuseppe Garibaldi (1807-1882) prende la via del Sud America, mentre Nicola Fabrizi, Ignazio Ribotti de Molières (1809-1864) ed altri ufficiali scelgono la Spagna. Per Fabrizi questa esperienza si rivela particolarmente formativa; infatti trae spunto da essa per definire la struttura della Legione Italica ed intessere una solida rete relazionale con gli altri patrioti-militanti conosciuti in Spagna, che gli promettono il loro pronto e leale aiuto. Tutto ciò rafforza in Fabrizi la fiducia di essere in grado di organizzare autonomamente una sollevazione ed è ciò che farà nel 1843. Il 1838 è l’annus horribilis di Mazzini: vive a Londra in ristrettezze economiche, impegnato nell’apprendimento di una nuova lingua e nell’adattamento ad una società complessa, inoltre deve affrontare un gravissimo lutto familiare. Il 17 gennaio muore sua sorella Francesca (la sorella maggiore, Maria Rosa Caterina, era deceduta nel 1823).

Alla fine del 1838, i genitori di Giuseppe, Maria Giacinta Drago (1774-1852) e Giacomo Mazzini (1767-1848), dei loro quattro figli hanno viventi Maria Antonia Carlotta Tomasina in Massuccone e Giuseppe, l’amato figlio maschio, che risiede lontano da loro, in povertà e con la vita completamente scompaginata dalla militanza politica, ma per Giuseppe i dispiaceri di quell’anno continuano. Infatti, proprio nel 1838, Nicola Fabrizi fonda l’associazione cospirativa la Legione Italica che, se nelle sue intenzioni ha lo scopo d’essere esclusivamente il braccio armato della Giovine Italia, di fatto crea una scissione interna all’organizzazione mazziniana e, del pericolo, Mazzini se ne rende immediatamente conto.

Infatti, il 31 agosto 1839 Mazzini scrive a Nicola Fabrizi: L’idea di tuo fratello [Paolo Fabrizi (1805-1859)] che la Giovine Italia debba essere teorica, e la Legione Italica la pratica, è, a mio credere, inverificabile. Teorica e pratica sono le due facce d’una medaglia. Ma v’è di più l’unità della medaglia. La Giovine Italia ha precisamente per istituto suo speciale di unire quello ch’è stato dissociato finora, principii ed azioni. È società essenzialmente e inevitabilmente cospiratrice. Di più la pratica non può essere che subalterna alla teorica … La questione vitale è quella della molteplicità o dell’unità: dell’Unità ripeto o del Federalismo, che con le migliori intenzioni del mondo noi corriamo rischio di sancir con l’esempio, e al quale io preferirei l’inazione … Ti credo errato nell’idea che vagheggi della divisione in due lavori, morale e materiale, del lavoro unico che deve abbracciare l’insieme de’ nostri sforzi. Né credo che tu senta abbastanza l’importanza vitale per l’avvenire del nostro paese di fondare, o tentarlo almeno, un’assoluta, esclusiva, intollerante Unità. Per tutto il 1839 Mazzini cerca di far retrocedere Fabrizi dai suoi propositi, ma dal 1840 in poi il suo atteggiamento muta. Mazzini impone ai suoi proseliti un aut-aut: o con lui o con Fabrizi. Lo scisma di Nicola è deplorabile: verrà tempo in cui egli stesso se ne vedrà. È una illusione che deve avere il suo corso: non ho bisogno di dirvi che per ora ognun che appartenga alla Giovine Italia deve tenersi assolutamente separato da lui e mostrarglielo.


Immagine nella pagina:
G. Mantegazza, Il primo incontro di Garibaldi e Mazzini a Marsiglia, 1833.
Tratta da J. W. Mario, Della vita di Giuseppe Mazzini, ed. Sonzogno, 1886. Colorata artificialmente.

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Maggio 2022 (n° 32)

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