Mazzini esaltava la sofferenza dei polacchi e il loro male storico che preparava il loro futuro riscatto. Questi nuovi venti di libertà necessitavano di nuove parole, nuove forme e nuovi cantori che per il nostro Mazzini non potevano più essere quelli provenienti dalla Francia, vecchio Stato nazionale, il cui romanticismo letterario oramai frutto di un individualismo socialmente irresponsabile si era spogliato degli abiti dell’impegno civile per indossarne altri inadatti al nuovo vento che soffiava in Europa: era inderogabile una nuova letteratura dei popoli, basata su un’amicizia tra popoli e sulla loro collaborazione in funzione di un movimento unitario europeo.
A tal proposito sono essenziali gli studi della professoressa Laura Fournier-Finocchiaro e, soprattutto, il suo saggio Cultura francese e cultura polacca in Giuseppe Mazzini, in cui ci illustra come per il patriota la convergenza tra letteratura e impegno civile risiedeva nelle letterature giovani, e l’esempio più alto era rappresentato dalla letteratura polacca, per il suo carattere innovativo, per il legame con la tragedia e la tribolazione del popolo, e il sentimento di riscatto futuro dello stesso. I poeti polacchi rispondevano in pieno ai principi mazziniani, con una letteratura definibile nuova e gli stessi non avevano esitato a versare il sangue per la causa nazionale attendendo un futuro migliore.
Secondo Mazzini la letteratura aveva un grande ruolo nella Primavera dei popoli, aveva il potere di animare l’Europa, i popoli e guidarli per realizzare i grandi obiettivi della nuova epoca: la libertà, l’uguaglianza e l’umanità. I poeti non avevano solo un ruolo profetico, ma erano anche precettori del popolo. Nel saggio Del moto nazionale slavo (1847), il patriota spiegava che la letteratura polacca era la sola che vivesse nella vita presente e che in conseguenza [avesse] potenza per agire col presente sui tempi a venire.
Fu soprattutto Adam Mickiewicz, la natura poetica più potente del secolo cantore, a rappresentare per Mazzini l’ideale civile del poeta-vate, in grado di interpretare le aspirazioni e di assumersi la guida del suo popolo, epigono del poeta cristiano e nazionale, che annunciava un’era di riscatto. Mickiewicz considerava la nazione un grande principio etico al di là dei confini geografici e territoriali. Nella nazione si connettono individuo e umanità, e questa connessione è voluta da Dio, per il bene del suo popolo.
Immagine nella pagina:
Rassegna data alle Milizie Italiane e Polacche dall’imperatore e re Napoleone al campo di Montechiaro il 10 giugno 1805.