Chi capisce il potenziale della macchina di Ravizza è il giornalista americano Christopher Latham Sholes. Dopo aver visto a Londra un esemplare di tacheografo, con l’aiuto dello stampatore Samuel W. Soule e del meccanico Carlos S. Glidden, inizia a lavorare a un proprio esemplare.
Migliorando la disposizione dei tasti diminuendone l’attrito, modificandone l’ordine di modo che si possa utilizzare facilmente senza guardare i tasti e con l’uso delle dieci dita: la tastiera QWERTY. La tastiera che utilizziamo ancor oggi. Dopo alcuni tentativi falliti, la macchina viene rilevata dalla Remington & Sons che dopo alcune migliorie mette sul mercato la Remington No. 1, la prima macchina da scrivere prodotta su larga scala. Era il 1° luglio 1874.
Da lì, sappiamo cosa è diventata la macchina da scrivere. Da lì alla Olivetti il passo è breve.
Vogliamo però chiudere l’articolo osservandone un risvolto sociale non da poco. La figlia di Sholes già da bambina aveva imparato a scrivere sulle macchine del padre sotto dettatura, diventando di fatto la prima dattilografa della storia. Il primo corso di dattilografia fu tenuto in America nel 1881, per 8 allieve che superarono tutte brillantemente l’esame finale. Nel 1910 si calcola che oltre l’80% dei dattilografi professionisti fosse donna. Nel 1890, prima di morire, Sholes dichiarò: Sento di aver fatto qualche cosa per le donne che hanno sempre dovuto lavorare così duramente. [La macchina per scrivere] permetterà loro di guadagnarsi da vivere più facilmente. La macchina da scrivere favorì enormemente l’ingresso nel mondo del lavoro del sesso debole.
La macchina da scrivere è stata un volano per l’emancipazione femminile.
Immagine nella pagina:
La Remington No.1.