Ne scrive anche Vittorio Alfieri in una dedica All’Italia: a te… che un giorno (quando ch’ei sia) indubitabilmente sei per risorgere, virtuosa, magnanima, libera ed Una.
In questo scorcio di fine secolo XVIII avviene poi la riscoperta di Dante Alighieri, padre riconosciuto della lingua italiana (pur se parlata da poco più del 10% degli abitanti della penisola, era accettata come elemento unificante, e Dante stesso era conosciuto ovunque), che diviene ora anche Padre della Patria, citato, ritratto, tirato per la veste a seconda delle necessità. Certo non era nella mente del fiorentino l’idea di una unità nazionale, ma versi come Ahi serva Italia, di dolore ostello / nave senza nocchiere in gran tempesta / non donna di provincie, ma bordello! (Purgatorio, VI, 76-78) divengono il paradigma dell’auspicato riscatto. E saranno gli intellettuali del tempo a riscoprirlo e riproporlo: da Vincenzo Monti a Vittorio Alfieri, da Ugo Foscolo a Giacomo Leopardi, fino a Cesare Balbo e Giuseppe Mazzini (solo per citarne alcuni).
Ne scrivono altri ancora, unendo il comune destino della Grecia che combatte contro l’impero ottomano per il proprio Risorgimento a quella che sarà la strada che dovrà seguire l’Italia. E saranno Francesco Domenico Guerrazzi, Vincenzo Gioberti, lo stesso Camillo Cavour, che battezza Il Risorgimento un giornale quotidiano fondato a Torino il 15 dicembre 1847 da lui stesso in collaborazione con Cesare Balbo, su cui scrissero i più importanti moderati dell’epoca. Risorgimento diviene dunque il termine definitivo relativo al percorso di conquista dell’Unità nazionale negli anni ‘70-’80 dell’Ottocento, quando, a Regno proclamato, inizia il periodo in cui si deve codificare il processo appena concluso, si devono fare gli italiani, attraverso istruzione, scritti, musei, intitolazione di strade e piazze, di scuole, ecc.
Immagine nella pagina: Camillo Benso Conte di Cavour