Giovanni non si diede per vinto, e due anni dopo riuscì a sposarla. Maria Teresa giunse a Bologna con le nozze, sconosciuta ai più ed estranea alla nobiltà felsinea. Venne accolta e celebrata, come si usava all’epoca in occasione dei matrimoni importanti, da versi e pubblicazioni che venivano dedicati alle coppie di riguardo da letterati ed estimatori. Fra le opere edite in occasione del matrimonio Gozzadini-Serego c’è un libello contenente
L’Eremita, una poesia scritta da Oliver Goldsmith e tradotta in italiano dall’imolese Nicola Gommi Flamini. Consapevolmente o meno, i due sacerdoti che dedicarono il libretto alla coppia non poterono scegliere titolo più gradito alla novella sposa, amante delle grandi montagne e dei loro silenzi.

Ma è un altro libello a rendere l’arguzia delle amicizie della Nina. In una lettera datata 20 Marzo 1841, pubblicata a Bologna nello stesso anno, la cugina Carlotta Gnudi unì le felicitazioni per il matrimonio ad una scorsa, divertita e un po’ amara, delle gioie e dei dolori della vita coniugale. Vale la pena di riportarne una pagina, così com’è:
Quella simpatia ed amicizia che a voi mi lega, assai più che la parentela, mi muove a stringere la penna per mostrarvi l’aggradimento che provo alle prossime vostre nozze. In questa circostanza tali e tante saranno le felicitazioni che l’amicizia, il dovere, la convenienza, l’uso si crederanno in obbligo d’esternarvi, che le mie, con quelle confuse, non so se fossero per giugnervi all’orecchio diversamente che l’indistinto mormorio dello stormir delle frondi all’appressarsi della tempesta, o d’uno scroscio d’acqua che dal cielo si rovesci [...] Di rado accadono sponsali ch’io non rammenti un’antica storia da me letta in Addisson, alquanto offensiva per noi donne, nella quale raccontasi, che un tempo, in un paese al nord dell’Europa, fuvvi il costume che tutti i maritati a tal giorno determinato dovessero portarsi alla presenza del magistrato del luogo per subirvi esame sulla rispettiva loro felicità domestica, e quella coppia di essi che addimostrava con valide prove ed argomenti pel corso d’un solo anno non avere intorbidata o rotta la buona amicizia, ma vissuto marito e moglie in pace ed amicizia, ne conseguiva in premio una fetta di lardo, conservato da tempo immemorabile e con molta onoranza a tal uso. Il Segretario che scriveva gli annali di quel paese, e registrava li avvenimenti della festa notò, con molta malignità, che per un intero secolo non si trovò che una sola coppia meritevole d’assaggiare l’agognato lardo; aggiugnendo con un N. B. perché la Moglie era muta.
L’avventura di Maria Teresa a Bologna è ricca di ricordi e di esperienze, di studi accanto al marito, di scoperte archeologiche, di battaglie per amore di patria e di un rispetto che si seppe conquistare in una società estranea, millenaria e difficile, ma ne parleremo un’altra volta.
Immagine nella pagina: Il ritratto di Maria Serego Alligheri Gozzadini collocato nella cappella di famiglia, Certosa di Bologna, Chiostro Annesso al Maggiore