Quest’autentico gioiello celato nell’ala sinistra della villa, costituisce l’unico esempio di teatro privato suburbano a noi pervenuto nel bolognese.
Espressione della vivacità culturale del secolo dei lumi, il teatrino viene realizzato per volontà di Gianfrancesco Aldrovandi, attore dilettante, commediografo e cultore appassionato di teatro. Fuori dalle porte della città di Bologna, sulla strada per Firenze (nella zona pedecollinare del colle di Camaldoli) sorgeva il palazzo di Camaldoli, residenza della nobile famiglia Marescotti, poi di Filippo Maria Aldrovandi Marescotti e in seguito del figlio di costui, Raniero. Alla morte del padre Raniero, il giovane senatore Gianfrancesco fece ritorno a Bologna dopo un lungo soggiorno a Modena, dove aveva conosciuto il marchese Alfonso Vincenzo Fontanelli, suo futuro suocero, corrispondente e traduttore di Voltaire, appassionato di teatro.
Il trentaduenne conte Aldrovandi, trovandosi in giovane età (siamo poco dopo la metà del sec. XVIII) a capo di una delle più importanti famiglie nobili bolognesi, decise di assecondare la sua bruciante passione per il teatro e si propose l’attuazione di un ambizioso programma culturale. Il primo passo di tale operazione fu la ristrutturazione della vetusta dimora di campagna della famiglia. Avviata nel 1761, si trattò praticamente di una quasi totale trasformazione dell’edificio. Il fulcro di tale intervento architettonico fu la creazione all’interno dello stabile di un piccolo ma elegantissimo teatro. A lungo si è ritenuto che il teatro fosse opera di Carlo Francesco Dotti e che fosse stato eretto successivamente alla costruzione della villa, ma gli ultimi studi riportano alla ristrutturazione radicale di cui si è appena detto.
I lavori riguardanti il palazzo si protrassero probabilmente per una decina d’anni, ma il teatro (e questo ne conferma la centralità all’interno dell’intervento) era già pronto dopo due soli anni. Nel 1762 e nel 1763 nei libri mastri della famiglia si annotano spese per il teatrino, tra cui il compenso per la realizzazione di due scene dipinte da Antonio Galli Bibiena e da Prospero Pesci. L’inaugurazione avvenne il 24 settembre 1763 con la rappresentazione a pagamento dell'Alzira di Voltaire. Nella cronaca di Galeati si precisa che tra gli attori - come di consueto nei teatrini privati di nobili famiglie - vi erano gli stessi Gianfrancesco e sua moglie Lucrezia Fontanelli (i lavori di ristrutturazione erano iniziati in coincidenza con queste nozze e si ritiene che alla decisione non fosse rimasta estranea la sposa, per la particolare educazione ricevuta), che si mescolarono agli attori professionisti partecipando attivamente alla rappresentazione. Lo spettacolo fu replicato tre volte e va anche rilevato che l’entrata a pagamento sembra, allo stato attuale delle conoscenze, particolare eccezionale. Nell’anno successivo (1764) il teatro venne ampliato con l’aggiunta di un secondo ordine di balconata, mentre i lavori negli ambienti di servizio del teatro e nel resto della villa proseguirono ancora per alcuni anni.