Anche in questo senso Rossini era un musicista all’antica, un uomo nato nell’ultimo scorcio del Settecento e vissuto per tre quarti dell’Ottocento ma consapevolmente rivolto all’indietro, un po’ all’antico regime e molto alle antiche idee e abitudini. Nemmeno il sommo Beethoven, scrivendo lettere, seppe travestirsi da letterato, da intellettuale, da esteta di sé e dell’arte sua; e figurarsi Mozart o altri compositori del medio o ultimo Settecento, tutti impegnati e tutti risolti nella totalità della musica (a parte pochi, come Gluck per esempio).
Doveva essere l’Ottocento romantico a scuotere le coscienze e i costumi, a voler corredare gli interessi e gli studi musicali con discipline altre, ad aprire le biblioteche e a consegnare altre penne di lavoro ai giovani apprendisti di musica. Come lettore, almeno, Beethoven fu il primo; e a seguire, lettori ma anche letterati capaci di scrivere con decoro nelle loro lingue, furono Berlioz, Mendelssohn, Schumann, Wagner, Saint-Saëns, Boito, sempre più musicisti nel corso del secolo. Lettore onnivoro fu Verdi, e anche assiduo scrittore di lettere: testi altrui per cercare soggetti d’opera, testi suoi per lavorare, esprimersi, comunicare, decidere al meglio, ma senza alcuna ambizione letteraria o filosofica.
Esattamente così aveva fatto, prendendo penna e calamaio per scriver lettere, il suo formidabile precedente, Rossini, con l’aggravante di una prosa più incerta ed erronea perché ignorante di grammatica e sintassi ma modellata pari pari sull’oralità. Eppure oggi, come per Verdi, per Rossini è diventato fondamentale conoscere i vasti rapporti epistolari tenuti con tanti corrispondenti al di qua e al di là delle Alpi: è un modo per conoscere meglio l’uomo e quindi meglio avvicinare la musica, ed è anche un pretesto per rinvenire qualche frase o parola utile a comprenderne il pensiero. Un pensiero, si badi bene, che sebbene nascosto fra tante pieghe e appunto non rivelato appositamente, non poteva non vibrare di grande personalità e pertinenza. Dopo diverse occasioni particolari e antologiche, ecco l’occasione generale e ufficiale.
Appena uscita
La donna del lago, nella serie delle edizioni critiche, il fatidico 1992 che celebrava il bicentenario della nascita dell’autore produsse anche il primo volume di
Lettere e documenti di Gioachino Rossini, a cura dell’omonima Fondazione pesarese nelle persone di Bruno Cagli e Sergio Ragni. Lungamente attesa, avviata fin dal 1980, l’iniziativa si profilò subito d’importanza capitale: come l’edizione correggeva il testo musicale dell’opera, così la nuova pubblicazione cominciava a dare un assetto presumibilmente affidabile alla biografia. E forse la vita di Rossini necessitava di chiarimenti ancora più dell’opera, vista la libertà e la vitalità reclamate da tant’arte musicale. Nella corposa prefazione Cagli insiste sugli equivoci fioriti attorno alla figura del maestro, ma anche sulla silenziosa, più o meno consapevole complicità dell’interessato.