L’origine del profumo è da far risalire all’antichità. Veniva usato nei riti religiosi e bruciato in onore degli Dei esalando un fumo odoroso che si levava verso il cielo, da qui l’origine della parola profumo. Il nome deriva dal latino per fumum e cioè attraverso il fumo. Gli euodia, ovvero gli odori buoni, rappresentavano strumento di ricerca del divino e raggiunsero il loro culmine nella raffinata città di Atene di Pericle.
Nonostante il veto di Socrate, l’importanza attribuita al profumo è definita dal famoso Trattato degli odori di Teofrasto, testo base della profumeria antica. Dopo una iniziale diffidenza dei Romani nei confronti delle mollezze orientali, con l’età imperiale il profumo trionfò in tutte le sue forme anche a Roma. Come racconta Petronio nel Satyricon, i banchetti divennero vere e proprie orge olfattive; durante i convivi, nella Domus Aurea di Nerone, da un soffitto d’avorio traforato cadevano sugli ospiti petali di rosa impregnati di essenze preziose. Il passo seguente fu la scoperta della distillazione da parte degli arabi, ai quali dobbiamo l’invenzione dell’alambicco, usato ancora ai nostri giorni.
Per coprire la mancanza d’igiene, dal Medio Evo si fece un uso quasi smodato di profumi; nei secoli XV e XVI, l’Italia era prima tra tutti i paesi nell’industria della profumeria e vide in Firenze il suo principale centro. Purtroppo fu un primato di breve durata: Caterina de’ Medici, sposandosi con Enrico II, portò con sé in Francia i più rinomati maestri profumieri di Firenze, fra i quali il celebre Renato, detto appunto fiorentino, il quale fece coltivare nella Costa Azzurra le più pregiate piante odorose favorendone la produzione in Francia.
Tra le industrie profumiere italiane dell’epoca fu rinomata l’Officina dei Frati Domenicani di Santa Maria Novella, resa famosa da tre frati celebri: Paladini, Cavalieri e Berlingacci. Napoli ebbe, invece, per la fabbricazione delle essenze, Giambattista Della Porta che, in un suo trattato del 1608, De Distillatione, monumento storico della profumeria italiana, fornì la ricetta per il profumo all’arancio amaro, denominato poi in tutto il mondo Neroli per volontà di Marie Anne de La Trémoille, che aveva sposato Flavio Orsini, duca di Bracciano e principe di Neroli. Il Neroli divenne così profumo di moda per i guanti della fastosa e raffinata Roma Settecentesca.
Nel 1676 l’italiano Paolo Feminis di Santa Maria Maggiore (Novara) emigrò a Colonia (Germania) in cerca di fortuna e, dopo aver svolto diversi mestieri, tra quali il venditore ambulante, si dedicò alla fabbricazione di un’acqua da toletta preparata con essenze agrumate italiane rubando la ricetta dei frati fiorentini. La storia dell’acqua di Paolo Feminis, da lui chiamata acqua di Colonia, divenne nota in tutto il mondo.
Immagine nella pagina:
Officina dei Frati Domenicani di Santa Maria Novella