
Per la maggior parte dei bolognesi Quirico Filopanti è, se va bene, un misterioso personaggio cui è intitolato uno dei viali della città. Per i non bolognesi... chissà!
Pochissimi lo conoscono. Sicuramente gli
addetti ai lavori: studiosi del Risorgimento, della Repubblica Romana del 1849, delle Società operaie, esperti di meccanica idraulica, filosofi, astronomi... Strani accostamenti, eppure l’approccio con questa singolare personalità del nostro Ottocento porta inevitabilmente a spaziare in campi veramente eterogenei.
Ed approfittando di questa eterogeneità, propongo un ritratto del
professore dell’infinito, come lo aveva battezzato Garibaldi in persona, che Riccardo Bacchelli gli dedicò nelle pagine del suo
Mulino del Po:
Prima... è a dir di lui, di Giuseppe Barilli da Bagnarola di Budrio, detto Quirico Filopanti: d’uno, cioè, del quale convien rispettare la bontà gentile, che gli visse profonda e caritatevole veramente nell’animo; e l’onestà specchiata; e la nobile povertà, a sé frugale quanto altrui prodiga; e il coraggio schietto, e la fedeltà animosa delle idee e degli atti, e la generosità rara e candida dell’amor degli uomini e della giustizia, che innalzò non una volta sola la sua ingenuità sopra personaggi senza comparazione maggiori di lui, poiché in quell’amore egli non ebbe fra costoro nessun superiore, né forse pari in sincera spassionatezza.
E del Filopanti ancora fu rispettabile ed ammirevole la singolarità umanissima ed intrepida, che lo mischiava, intrepido ed inerme, nelle battaglie garibaldine a offrire il suo, non a spargere l’altrui sangue. Ma non soltanto queste qualità ch’egli ebbe, son da considerare nel Filopanti, ma pure essere lui stato il semplice, l’innocente, il pazzerello del Risorgimento; … Ché certo i suoi libri; la scienza che vi professa, bizzarro enciclopedico; le verità che vi si sogna di svelare, mistico vaneggiante in un sistema panteistico e, diceva lui, razionale, di armonie astronomiche e armonie cronologiche, fondate sopra un’astronomia e cronologia strampalate come la storia di un suo conio e come la mnemotecnica e la metempsicosi che le affiancarono nel suo sistema; certo coteste armonie riverberano il chiarore quieto e lunatico, ch’è delle miti e caste follie.
Matematico e filantropo, era pure, naturalmente, inventore di macchine: fra l’altre, d’un girarrosto, che doveva far andare nel contempo il macinino da caffè e non so che altro, per alleggerire la fatica delle buone massaie. Più efficace il suo soccorso al prossimo, quando, come gli accadde una volta, trovandosi senza un soldo ma con un paio di brache nuove, unico capo da poterne cavar qualche lira, ne fece la carità ad un miserabile; e gli amici lo trovarono segregato in casa per la mancanza dell’indispensabile indumento.
...gli occhi limpidi, la fronte chiara, la bocca schietta, le guancie pacate, il mento mansueto, e il bel paio di baffi rigogliosi e brizzolati, e l’onesta zazzera, che soleva uscire abbondante e riccioluta di sotto il cappello a cilindro. A questo, e uno scialle, in cui il Filopanti s’ammantava, scozzese su fondo cenerino, e il perpetuo sigaro toscano fra le labbra, eran ormai da anni e anni i contrassegni del suo dignitoso portamento e della figura popolarissima in Bologna.
Immagine nella pagina:
Ritratto di Quirico Filopanti