Dopo un leggero lunch consumato verso l’una arrivava il momento dell’escursione. Gli uomini montavano a cavallo, le donne, con ricchi cappelli pieni di nastri e fiori, in calesse; ed ecco partire il lungo corteo, accompagnato da lacchè in livrea e preceduto da trombettieri. La sera alle sette si serviva la cena, forse il momento più importante della giornata. Vestiti in un abbigliamento curatissimo gli ospiti, in fila per coppie, si recavano a tavola. Dopo il Benedicite si sedevano secondo una stretta etichetta che distribuiva i posti secondo il rango dei convitati e che veniva rispettata, curiosamente, anche nel refettorio della servitù. Ai due capi della tavola sedevano il padrone e la padrona di casa. Il maggiordomo, vestito in frac nero, sovrintendeva al servizio controllando uno stuolo di valletti incipriati. Sulla tavola ricca di argenterie, cristalli, candelabri, arrivava allora il cibo. Il menù era piuttosto ricco e pesante, di solito composto di due minestre, due pesci, due o tre contorni, almeno sei antipasti, tre arrosti, e poi formaggi, frutta, dolci, vini francesi e tedeschi.
Spesso la cena era accompagnata dal suono di un’orchestra o, in Scozia, da pipers che giravano intorno alla tavola.
Dopo cena le donne si recavano in salotto a sorseggiare thè mentre gli uomini restavano ancora per un po’ a tavola parlando di politica e consumando dosi abbondanti di liquori serviti in piccoli carrettini che i camerieri facevano girare attorno alla tavola rigorosamente in senso orario. Quindi, la compagnia si riuniva in salotto, dove si giocava a whist, si suonava il pianoforte, si facevano piccoli giochi di società. A mezzanotte le donne andavano a dormire nelle camere ai piani superiori mentre gli uomini si trattenevano nelle sale a piano terra bevendo, consumando uno spuntino, e fumando sigari, cosa, fino a quel momento, vietatissima, data la presenza delle signore. All’una, anche gli uomini si coricavano.
Vi erano, però, alcune variazioni a questo schema.
In autunno e in inverno per esempio passeggiate ed escursioni erano sostituite dalla caccia, la grande passione del nobile inglese! Prima di tutto la caccia al tiro, praticata di solito con cani da ferma e talvolta con battitori, in cui era una vera leggenda un famoso Squire, George Osbaldeston. Ma soprattutto la caccia a inseguimento alla volpe e in Scozia anche al cervo. La caccia alla volpe era un grande rito sociale. Vi partecipavano non solo nobili e squires, ma anche i parroci, i commercianti e i notai dei villaggi vicini e perfino i contadini; questi ultimi però obbligati ad inseguire a piedi i loro Lords, montati su splendidi purosangue. Spesso le cacce erano accompagnate da balli, i cosiddetti hunting balls, importanti occasioni per stringere accordi matrimoniali e spesso anche politici, tra le famiglie più importanti della locale Contea.
Immagine nella pagina:
Ritratto di George Osbaldeston (particolare)