Il ritratto di Garibaldi, con il volto intenso dalla barba biondo-fulva, lo sguardo deciso ma non duro, la camicia rossa a volte coperta dal poncho, raggiunse nell’Ottocento la notorietà e la diffusione che negli ultimi decenni del Novecento ebbe il ritratto di Che Guevara.
Icona di grandissima forza mediatica, iniziò ad apparire su oggetti di ogni tipo sin dalla metà del secolo, quando lui era ancora in vita e, soprattutto, ancora pienamente attivo, e non ha mai smesso di essere utilizzata fino ai nostri giorni: fotografie, ritratti ad olio, a ricamo, ad acquerello, a stampa, ma anche piatti, bottiglie, scatole in ceramica per sapone da barba, scatole di acciughe, brocche, medaglie, segnalibri ricamati o stampati, bandiere, foulard, statue e statuette, spille, ciondoli, cammei, bottoni, cartoline, scatoline per aghi da cucito o per lamette da barba, pipe, fazzoletti, francobolli, scatole da sigari, etichette per liquori, birra, marsala, vinsanto, cacao, cioccolato, maccheroni, calendarietti da barbiere, raccolte di figurine, dischi, manifesti politici, soldatini di carta, di latta, di piombo, di plastica, quaderni scolastici, fumetti, carte da gioco, ecc. ecc.
E ancora biografie e narrazioni a lui dedicate: soggetto di commedie, protagonista di operette per cantastorie, pièce di burattini, romanzi e novelle... Senza trascurare i monumenti eretti a partire dalla sua morte (2 giugno 1882) in centinaia di città, in Italia o fuori dalla penisola (una stima non saprei come controllabile ne conta oltre 5.000!), le intitolazioni di vie, piazze, scuole, ricoveri per anziani, Società di Mutuo Soccorso, teatri, osterie, e le migliaia di lapidi sulle quali sempre si scherza Qui passò ..., Qui dormì..., Qui si fermò..., Qui parlò... Esiste anche una lapide, non ricordo più dove, che recita Qui non è passato Garibaldi!