Non è vero, ma ci credo!

ovvero, di gatti neri e camicie rosse

di Andrea Olmo

Quadrifogli (Miniatura 219x640 px)A quanto pare, il Duca iniziò a colpire già alla sua nascita, avvenuta nel 1776. Sua madre, infatti, morì per le conseguenze del parto, mentre la nutrice, una prosperosa contadinotta dei dintorni di Nettuno, perse il latte non appena preso in braccio il piccolo. Il padre, Ambasciatore del Regno di Napoli presso il Granducato di Toscana, non appena avuta notizia della nascita del figlio e della morte della moglie, abbandonò Firenze per recarsi in tutta fretta a Napoli senza attendere l’autorizzazione del suo Sovrano, certo che Re Ferdinando IV avrebbe compreso i motivi del suo gesto. E invece, Sua Maestà non comprese manco per niente e punì il malcapitato genitore sollevandolo dall’incarico diplomatico. Beh, occorre ammettere che come inizio non c’è male per la carriera del nostro aspirante iettatore!

Corna (Miniatura 219x495 px)Il Ventignano, un po’ perché figlio cadetto, un po’ perché molto religioso, fu destinato alla carriera ecclesiastica, entrando ancor giovane nel Seminario di Napoli. Ed anche qui, non mancò di far subito sentire il suo terribile influsso: il giorno stesso del suo ingresso nell’istituto religioso, infatti, tra gli allievi si scatenò un’epidemia di pertosse! Studente brillante, il Nostro divenne ben presto il miglior alunno del Seminario. Solo una volta il futuro Duca fu superato da un altro allievo, in una gara di Latino. Essendo, come già detto, persona di carattere mite e gentile, al momento della premiazione volle complimentarsi con il vincitore, il quale, subito dopo, rovinò giù dalla scalinata del podio, rompendosi una gamba…

Dopo un così promettente rodaggio, il menagramo in erba era ormai pronto per fare il suo esordio a livello dei grandi eventi storici.
In quegli anni, la tempesta della Rivoluzione Francese stava investendo la povera Italia, travolgendo uno dopo l’altro tutti gli staterelli della Penisola. Alle armate transalpine restava da superare un ultimo ostacolo ed alquanto temibile, ovvero l’Esercito Napoletano che, pur piccolo, era considerato agguerrito e ben addestrato. In vista delle imminenti ostilità, l’Arcivescovo di Napoli volle benedire le bandiere reggimentali dell’Esercito Napoletano, nel corso di una solenne cerimonia tenutasi nella chiesa di Santa Chiara, cerimonia a cui presenziarono anche gli allievi del Seminario incluso, ovviamente, il Ventignano.

Uno degli alfieri, passandogli davanti, stramazzò al suolo per un malore improvviso: a questo punto il futuro Duca, preso da ardore patriottico, raccolse la bandiera caduta in terra gridando Viva il Re!… Appena tre mesi dopo, l’Esercito del Regno di Napoli venne annientato dalle armi francesi, mentre le bandiere benedette a Santa Chiara finirono tutte nelle mani di Napoleone.

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Maggio 2021 (n° 31)

M. Rignanese, L’imperatore, il sindaco e la guerriera, 2021

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