Il Nostro, intanto, proseguiva nella carriera ecclesiastica, entrando nell’Ordine dei Camaldolesi, ordine che fu abolito subito dopo dai giacobini della neonata Repubblica Napoletana. Il ritorno allo stato laicale non fu, però, così sgradito al futuro Duca, che si dedicò a frequentare attivamente la vita di società. Non potevano mancare, oltre a feste e balli, anche le serate al San Carlo, il più antico teatro lirico d’Italia. Purtroppo, sembra che la prima volta che il Ventignano assistette ad una rappresentazione nel venerabile teatro, questo fu semidistrutto da un terribile incendio.
Il Nostro ebbe anche modo di trovare l’amore, prendendo in moglie la giovane e bella Caterina Macedonio dei Marchesi di Ruggiano. Il matrimonio, ahimè, fu però di breve durata, poiché la povera Caterina morì giovanissima di parto.
Caduta, nel frattempo, la Repubblica Napoletana, Re Ferdinando riprese possesso del trono, scatenando l’inevitabile e dura repressione contro i giacobini. Solo la bella nobildonna Eleonora Pimentel Fonseca sembrava destinata a salvarsi, grazie ai saldi rapporti di amicizia della sua famiglia con la Corte, almeno fin quando... almeno fin quando non incontrò casualmente per strada il Ventignano, come lo stesso Duca testimoniò nel suo diario: appena poche ore dopo, la povera Eleonora fu trascinata via da casa sua dalla polizia borbonica.
Ovviamente, questa lunga serie di avvenimenti non poteva non passare inosservata e, ben presto, la fama di iettatore del Nostro cominciò a diffondersi in tutta Napoli. Il fratello maggiore Ercole, erede del titolo ducale, si trovò addirittura costretto a sfidare a duello un tale, che aveva definito il suo fratellino fottutissimo jettatore! Lo scontro sembrava, peraltro, segnato in partenza, essendo considerato Ercole la miglior lama del Regno di Napoli. Il Nostro, commosso dal gesto di affetto fraterno, insistette per fargli da secondo a tutti i costi e, nonostante la grande abilità di spadaccino, il povero Ercole finì infilzato alla prima stoccata…
Pochi giorni dopo, non appena appreso del decesso del figlio maggiore, anche il padre morì di crepacuore, e così il Ventignano, inaspettatamente, si trovò ad ereditare titolo nobiliare e relative proprietà.