L’Unità d’Italia non è un gioco!

di Alessia Branchi

Olanda, circa 1850 (Miniatura 219x290 px)Nella storia il numero delle caselle non è sempre stato 61, sono state rinvenute tavole antiche con 41 caselle, tavolieri con 99 caselle e quelli più largamente diffusi sono rappresentati con 63 caselle.

Nella nostra versione patriottica scompare l’oca, quel fortunato animale che nella tradizione ha sempre ricoperto un significato positivo e che permetteva di superare le difficoltà rilanciando i dadi di nuovo. Al posto dell’animale compaiono i protagonisti del Risorgimento, che però mantengono sempre la stessa funzione positiva, quella di far tirare di nuovo i dadi. Manca dunque l’oca, ma il gioco viene sempre chiamato Il nuovissimo gioco dell’oca.

Italia, 1850 (Miniatura 219x304 px)In conclusione il Gioco dell’Oca dell’Unità d’Italia è un gioco! Perché nel titolo si afferma il contrario?
Parto dalle parole dell’olandese Johan Huizinga: La cultura sorge in forma ludica, la cultura è prima giocata. Nei giochi e con i giochi la vita sociale si riveste di forme soprabiologiche che le conferiscono maggior valore. Con quei giochi la collettività esprime la sua interpretazione della vita e del mondo. Dunque ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura, nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco, viene rappresentata in forme e stati d’animo ludici. In tale dualità-unità di cultura e gioco, gioco è il fatto primario, oggettivo, percettibile, determinato concretamente; mentre cultura non è che la qualifica applicata dal nostro giudizio storico al dato caso. Inghilterra, 1825 (Miniatura 219x290 px)

Il gioco sta sempre in quell’azione che si compie secondo regole ben precise accettate dai partecipanti, i quali entrano in una dimensione ideale che, secondo Umberto Eco, corrisponde al mondo non reale della finzione tradotta con il far finta che. È quella dimensione dove tutto diventa imprevedibile perché lasciato alla casualità degli eventi. L’uomo ha sempre avuto l’esigenza di riconoscersi nel gioco e nei suoi valori primari. La società borghese del XIX secolo scoprì la forza e l’autenticità di questi valori affrontando crisi e difficoltà. Il gioco sa diventare una forma d’arte capace di esprimere a pieno le azioni compiute, le uniche capaci di generare quel processo di unificazione di cui tutt’oggi andiamo ancora fieri. Il gioco si intreccia con la cultura, e la cultura si intreccia col gioco.


Immagini nella pagina:
Anonimo, Olanda, circa 1850
A. Cecconi, Italia, 1850
Lumsden & Son, Inghilterra, 1825

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Maggio 2021 (n° 31)

M. Rignanese, L’imperatore, il sindaco e la guerriera, 2021

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