Il salotto di Nonna SperanzaViva Pruspròn Baschira...

...ch’al s’lébbra dla mèsna e dla liva!

di Marinette Pendola

Costume di brigante (Miniatura 219x413 px)Il 9 marzo assale il presidio militare francese di Castenaso. Nello scontro seguito all’incendio appiccato dai banditi, due soldati francesi muoiono. Per evitare di essere inseguito, Baschieri compie un ampio giro puntando dapprima verso le colline per poi dirigersi a Budrio, dove si ferma per alcuni giorni presso il casolare del contadino Rubbini in località Malcampo. La mattina del 13, una donna della famiglia Rubbini parte per il paese ad acquistare mistocchine, dolcetti tipici delle campagne bolognesi, su richiesta del brigante Bernagozzi e si lascia ingenuamente sfuggire che a casa sono nascosti dei briganti.

Verso mezzogiorno, il capitano Della Noce della Guardia Nazionale e il capitano Henri Lambert del distaccamento francese del 106° Reggimento di Linea radunano un centinaio di uomini e intorno alle 15 circondano la casa. La battaglia che ne consegue è furibonda. Qualcuno incendia il fienile e da lì il fuoco si propaga alla casa. Baschieri esce con alcuni superstiti e tenta di fuggire tra i campi ma è raggiunto da una pallottola che lo ferisce gravemente. Con le ultime forze, cerca di nascondersi in un fosso dove muore.

Ha solo 29 anni. Alcuni soldati francesi lo riconoscono, gli tagliano la testa e lo caricano su un carro insieme agli altri due briganti morti accanto a lui. Il giorno seguente i budriesi assistono a un macabro spettacolo sulla piazza del paese: sopra un carro, il corpo di Baschieri è legato in piedi a un’asta di ferro sulla cima della quale è infilata la testa; ai due lati, sono messi i cadaveri degli altri due. Sulle loro schiene è posto un cartello con i loro nomi. Il carro attraversa il paese e si avvia verso la città, dove i corpi verranno esposti in Piazza Maggiore.

Prospero Baschieri non è un brigante come il Passatore o altri banditi che hanno infestato il territorio emiliano-romagnolo nel corso dell’Ottocento. Non deruba indiscriminatamente tutti, ma solo i potenti accontentandosi del denaro che gli viene dato, a volte molto al di sotto di quanto richiesto; non uccide i prigionieri, li disarma e li lascia andare; non fa alcun male alle donne e ai deboli; si sofferma nelle chiese per lasciare elemosine.

L’etichetta di brigante gli viene affibbiata dalle autorità poiché di fatto trasgredisce le leggi, ma a tutti gli effetti è un ribelle che a queste leggi si rifiuta di sottostare. E, così facendo, accende un barlume di speranza fra la povera gente disperata. Per questo il suo ricordo rimane a lungo nelle campagne bolognesi. Sebbene sia stata una breve scintilla di ribellione per la libertà, questa storia dovrebbe occupare un posticino anche nella nostra memoria.


Immagine nella pagina:
M. Calcott, M. Graham, Costume di brigante del 1820 nello Stato Pontificio (particolare)

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Maggio 2021 (n° 31)

M. Rignanese, L’imperatore, il sindaco e la guerriera, 2021

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