L’Albero della Libertà

di Mirtide Gavelli

La sera poco prima dell’ave maria, da diversi democratici è stato piantato nel mezzo della piazza l’albero della Libertà coronato di frasche con sopra una berretta rossa, e tutto il tronco fasciato di tela tricolore bianca, rossa e turchina. Appese alla metà del tronco si vedevano due bandiere, sotto le quali due fasci consolari, ed altri emblemi repubblicani. Fu portato con musica militare e tamburo, e dopo vari evviva, fatti dai liberali, fu innalzato. Quell’albero era stato fabbricato in casa Aldrovandi in via Galliera...

A mezz’ora di notte, giunse da Modena il generale Bonaparte, il quale, smontato dalla carrozza alla porta di S. Felice, andò a cavallo per la strada di circonvallazione con vari ufficiali e 40 dragoni fino a quella di strada Castiglione, entrò da questa per evitare il tumulto, e si recò al palazzo senatorio Pepoli. Dopo aver dato udienza a diversi, andò a cena, e poi al teatro, preparato per una festa da ballo, dove rimase poco tempo, ritornandosene al suo alloggio. Poco dopo l’innalzamento dell’albero della Libertà, si unì ai patriotti suddetti molta plebe a fare degli evviva, e grande schiamazzo.

Il cancelliere della piazza volle, senza riflettere alle conseguenze, avanzarsi verso la radunanza per procurare di quietarli; e secondo il costume dei birri, diede uno schiaffo a un popolano, che irritò tutti i democratici e qualche soldato Francese. Allora la moltitudine si avventò contro la caserma dei birri, chiudendola per di fuori, ed appiccando il fuoco alle porte della medesima. I birri furon lesti a fuggire per la porta sotto il voltone del Popolo… Restò la caserma in potere della plebe, che abbruciò e devastò quanto vi era, levando tutti i ferramenti anche murati ecc. Fu fortuna che qualcuno s’accorse che nel camerino del barigello vi era polvere, la quale fu sottratta opportunamente, altrimenti vi si poteva distruggere il fianco del palazzo del Podestà.

Così Giuseppe Guidicini, nel suo Diario bolognese, racconta gli avvenimenti accaduti la sera del 18 ottobre 1796, quattro mesi dopo il primo ingresso delle truppe francesi nella città di Bologna, quando alcuni cittadini democratici piantarono in mezzo alla Piazza Maggiore l’albero della libertà. Risuonarono evviva e canti patriottici, e venne intonato un Inno composto per la circostanza: Ecco il segnal benefico / della più dolce dea … / Se fia la Patria offesa / se chiederà difesa / Si vendichi, difendasi / L’oppressa Libertà... Patrioti e popolani festeggiarono insieme, più o meno consci del significato reale di quel simulacro innalzato nel cuore della città.

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Maggio 2025 (n° 35)

C. Stragliati, Episodio delle Cinque giornate di Milano in piazza Sant'Alessandro, fine XIX sec. (particolare).

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